Il Novecento

Il 18 novembre 1902 la Pestarena Mining Company Limited cedette tutte le proprietà minerarie per 247.500 lire italiane all’intermediario Giacomo Tabachi di Ceppomorelli, il quale a sua volta il 5 ottobre 1906 riuscì a traferirle ai fratelli Ceretti di Villadossola, imprenditori siderurgici che avevano ricavato una certa fortuna grazie alla costruzione della linea ferroviaria del Sempione.

L’intenzione della ‘Società Anonima Pietro Maria Ceretti’ era inizialmente quella di recuperare semplicemente il materiale ferroso, ma, pena la decadenza del diritto alla concessione per la prolungata inattività, essi ripresero i lavori di prolungamento del ribasso Morghen, poi sospesi a causa dello scoppio della Grande Guerra; nel 1908 venne introdotta la perforazione meccanica.

Al termine del conflitto i proprietari comunque intrapresero un’attività su più ampia scala, con prosciugamento e riarmatura delle gallerie, riordino del trasporto del minerale su rotaia e rifacimento delle installazioni esterne per il trattamento del minerale. La produzione annua di oro si aggirò sui 55-60 kg nel periodo 1925-1930, nonostante il fatto che si dovette ricostruire completamente l’impianto di cianurazione di Pestarena, distrutto da un incendio.

Nel 1932 la Ceretti cedette le miniere del Cani e della val Toppa alla Società Anonima Stabilimenti di Rumianca, proprietaria di un impianto per la produzione di acido solforico situato nella medesima località, ora in comune di Pieve Vergonte.

Nel 1936 comunque la Pietro Maria Ceretti aveva già perso per inattività la concessione Kint all’imbocco della val Quarazza e se non avesse osservato le prescrizioni sui lavori da eseguire per lo sviluppo della produzione (tra cui lo scavo di un pozzo verticale adatto per estrarre il minerale) correva il rischio di perdere anche le concessioni di Pestarena.

Fu a questo punto che nel gennaio 1937 giunse in zona l’ingegnere tedesco René Bruck, il quale dopo una fase di valutazione sullo stato dei lavori minerari e le potenzialità del giacimento, propose un piano lavori intensivo di ricerca mineraria con adeguamento delle infrastrutture interne ed esterne che convinse oltre che i Ceretti anche le autorità minerarie sulla effettiva possibilità di incrementare in breve tempo la produzione.

Gli avanzamenti verso NW e SE rinvennero nuove colonne mineralizzate nei fasci filoniani conosciuti e altri interessanti filoni; venne ampliato e sistemato il ribasso Morghen, collegandolo direttamente anche al pozzo inclinato, a sua volta rimodernato, fu introdotta la flottazione e la cianurazione dei concentrati. Dai 60 kg di oro prodotti nel 1937 si passò ai 408 del 1942.

Nel giugno 1939, intanto, l’autarchica AMMI (Azienda Minerali Metallici Italiani) era subentrata nella proprietà delle miniere del gruppo Pestarena, per la cui gestione costituì la nuova Società Miniere d’Oro del Piemonte, la quale comprendeva anche la miniera di Lavanchetto, altri permessi di ricerca e le concessioni Val Bianca e Alfenza (Crodo). Si trattò in pratica di un esproprio ai danni dei Ceretti cui venne contestato di trattare, vendere ed esportare clandestinamente parte dell’oro prodotto per usufruire del prezzo molto più alto rispetto a quello fisso imposto per legge sul mercato nazionale dal governo fascista.

Durante gli anni bui del secondo conflitto mondiale la produzione si ridusse di molto, mentre il Bruck continuava la sua instancabile opera a favore dei minatori, iniziata con l’introduzione di accorgimenti tecnici contro la silicosi e il controllo sanitario periodico delle maestranze, fino ad arrivare ad esporsi in prima persona per favorire l’esonero dei suoi dipendenti dal servizio militare e impedirne così la deportazione in Germania. Dai poco più di 400 addetti degli anni 1938-39 si pervenne agli 870-880 del 1942-43. In questo periodo del Novecento in valle Anzasca giunsero lavoratori da tutta Italia, con prevalenza di bresciani, bergamaschi, trentini e bellunesi, ma anche sardi e calabresi.

 

Pestarena intorno al 1947

 

Nonostante l’encomiabile attività e gli scioperi in favore del Bruck da parte dei minatori, l’ingegnere tedesco alla fine della guerra venne allontanato, unicamente a causa della sua nazionalità d’origine [1].

In seguito l’AMMI si limitò a sfruttare le riserve messe in vista precedentemente e nel contempo venne costruito a Campioli un nuovo impianto di trattamento, sovradimensionato rispetto al minerale disponibile. La resa in oro per qualche anno fu ancora abbastanza elevata (con un picco di 573 kg nel 1948).

Le coltivazioni nelle parti più profonde unitamente alla mancanza di adeguate infrastrutture in sotterraneo dal 1954 determinarono però un forte aumento dei costi di trasporto, con anni di gestione in grave perdita e la riduzione progressiva del personale (80 addetti nel 1960).

Infine il 13 febbraio 1961 si verificò un incidente in cui morirono 4 operai, tre sardi e un bergamasco, a seguito dello scoppio di cariche e detonatori che essi stavano trasportando.

Fu questo evento funesto a decretare la chiusura definitiva delle miniere di Pestarena.


[1] René Bruck ha raccolto le proprie memorie in un manoscritto, poi pubblicato e integrato nel volume La miniera d’oro di Pestarena e altri giacimenti auriferi italiani, Comunità Montana Valle Anzasca-ISAI, 1985, 3 a ed. 1996.

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