Le Rive, Il Sentiero dei Minatori
Il sentiero dei minatori
Una strada di pietra che racconta i sogni dei cercatori d’oro. La memoria storica di un’epopea di lavoro vissuta su alte montagne
Foto di gruppo di operai addetti alla posa e al funzionamento delle tubature che portavano l’acqua alla centrale idroelettrica per la produzione di aria compressa per il funzionamento delle perforatrici in miniera. L’impianto fu realizzato dal 1938 al 1942.
Da sinistra: Angelo Iacchini, Aldo Scilligo, Angelo Sandretti, Ugo Lometti, Bruno Corsi, Giacomino Pizzi e Dionigi Guizzetti.
Parlare di un sentiero può equivalere a parlare “con” il sentiero o, meglio ancora, imparare ad “ascoltare” il sentiero.
Non è un paradosso.
E’ importante riuscire a percorrere questa antica via scandendone, passo dopo passo, la storia.
Quante persone sono passate da qui. Perché? Solo il sentiero lo sa.
Ma tu, caro il mio sentiero, oggi dimostri tutti gli anni che hai. In te si nota il lavoro dell’uomo, ma anche l’inesorabile segno del tempo che passa e l’oblio cui sei soggetto. Ma, prima di ripercorrerti, è necessario conoscere il contesto che ha determinato il tuo splendore e quello che ha portato al tuo declino.
La tua data di nascita è sconosciuta. Forse sei nato con la montagna a cui appartieni. Certo hai beneficiato del periodo fulgido delle miniere d’oro di Pestarena, traendone sicuro giovamento. Sì, bisogna dirlo a chi non ti conosce, tu sei il “Sentiero dei minatori”, dei cercatori d’oro.
Sei ubicato a Pestarena che, verso la fine degli anni venti del ‘900, Don Luigi Rossi, allora parroco di Castiglione Ossola, descrive così: “Pestarena, frazione di Macugnaga. Altezza 1154 m/s.l.m. Popolazione 121… secondo alcuni deve il suo nome all’azione di pestare l’arena, cioè frantumare il materiale aurifero in piccoli molini. Ma quando si ricordi che nel trattato di pace del 1291si chiamava Peza Saltaneria… a dicta Peza in intus… nell’acquisto dei diritti di transito sul Porto di Prata Petia saltarena e, nella revoca della fiera nel 1540 Pezasterena, si vede che il verbo pestare non c’entra. Si può ritenere che le prime baite, su questo ameno poggio morenico, siano state costruite dai minatori”.
Già i minatori. Centinaia di uomini alla ricerca dell’oro celato nelle viscere della montagna. Assai antica è la conoscenza della ricchezza aurifera presente in questo minuscolo borgo alpino. Nel pieno boom estrattivo, era il centro motorio dell’intera Valle Anzasca. Qui lavoravano centinaia e centinaia di minatori che, a turno, scavavano la montagna alla ricerca della preziosa pirite aurifera.
Davanti al vecchio stabilimento di Pestarena per il trattamento della pirite aurifera (anno 1942). Da sinistra: Giovanni Bettoni, Angelo Iacchini, Cutter, Caffoni, Salvo Ghezza, Carlo Orlandi, Italo Sobrero.
Il paese brulicava di gente. Oltre mille persone popolavano il villaggio minerario, le case private e anche le selvagge balme. C’era lo “Spaccio”, unico negozio d’alimentari e generi vari ben rifornito in tutta la valle. C’era il forno per il pane, un fruttivendolo, un albergo e ben quattro osterie fra cui il “Circolo Operaio”. Si sentivano diversi idiomi dialettali: bergamasco e bresciano; veneto e romagnolo; calabrese e abruzzese; sardo e siciliano; toscano e piemontese; walser e ossolano. Un’autentica piccola Babele. Ma oltre al paese, erano popolati costantemente anche i fianchi della montagna. Una sessantina di minatori stava al Lavanchetto (m. 1674) e altri trenta erano presenti all’Alpetto (m. 1253). Un esercito di piccoli uomini all’attacco della grande montagna e del suo mitico tesoro.
Lavorare al Lavanchetto oppure all’Alpetto, comportava problemi di mobilità. Lassù s’arrivava solamente a piedi e le vie d’accesso non erano agevoli. In inverno poi le difficoltà erano acuite dalla neve e dal ghiaccio. Per raggiungere l’Alpetto e la “Miniera de “La Trappola” ed evitare il rischio valanghe, si segue un arditissimo tracciato che accorcia la via normale. Questo sentiero sale in zona sicura, ma è assai ripido e scosceso e presenta una scala lignea lì collocata onde poter superare prominenti rocce.
Identificato il contesto, è opportuno riprendere l’ascolto del sentiero.
Lo so che tu vorresti sapere chi per primo scelse quest’impegnativa via d’accesso. Ahimé la mia memoria a volte mi tradisce. Ti posso assicurare che bisognerebbe andare così indietro nel tempo che finiremmo per perderci nella sua notte. Di sicuro ti posso dire di coloro i quali incisero profondamente la roccia per agevolare il cammino, erano degli artisti. Osserva il loro operato tutto manuale. E’ lì, magnifico, utile e immutabile.
Lapide ricordo – Lungo il sentiero che da Pestarena sale verso l’Alpetto e la Val Moriana.
Certamente ti potrei raccontare degli stenti a cui erano soggetti i primi che cercavano oro e sogni. L’oro c’era e c’è, ma molti hanno smesso di sognare. Ti posso dire del tempo degli inglesi. Che anni erano? Ma che valore hanno gli anni? Per me non contano più di tanto. Però allora si che, per me, era tempo di vacche grasse. Ero un sentiero assai trafficato, abbellito, curato e ben tenuto. La “Miniera de La Trappola” era superservita. Ma non tutti sceglievano il mio tracciato. Molti preferivano la “via normale”, ma ahimé quel sentiero presentava seri problemi durante la lunga stagione invernale. Lì le valanghe la facevano da padrone. E una lapide ne reca imperitura testimonianza: “Travolti dalla neve, rendevano l’anima a Dio, Giovanni Leonardo Frizzoni, ingegnere e Giovanni Berna, capominatore. Aprile 1883”.
La tragedia portò molti più frequentatori sulle mie ripide curve. La tappa, ferma nella mia memoria, è quella relativa alla realizzazione della moderna passerella all’altezza della centrale idroelettrica. Erano gli anni antecedenti il secondo conflitto mondiale. Le miniere aurifere erano di proprietà della Ceretti, l’azienda delle ferriere di Villadossola. L’Anza fu oltrepassata mediante un’ardita costruzione sospesa, utile al passaggio pedonale e alla collocazione di imponenti tubature metalliche. Uno di questi tubi aveva un diametro di 24 cm. e l’altro era un poco più piccolo (13 cm).
Sentivo gli operai dire: Servono per convogliare l’acqua verso le turbine della centrale”.
Già, la centrale. Là lavoravano persone che raramente passavano da qui però erano molto importanti. Loro controllavano grossi compressori che producevano l’aria compressa utilizzata per il funzionamento delle perforatrici nelle gallerie minerarie. Per agevolare sia i minatori sia gli altri operai, fu installata nella mia parte più impervia, una massiccia scala di legno, costruita dai maestri falegnami. I minatori passavano rapidi. Conoscevano il percorso a memoria. Forse chiamavano i sassi e gli alberi per nome. Il tutto a me procurava una gioia ed un piacere che nemmeno il continuo rumoreggiare del sottostante torrente riusciva più ad infastidirmi.
Poco oltre la “scalaccia” si arrivava al “Numero Uno”. Qui una buia galleria metteva in contatto con La Trappola. Dal “Numero Uno”partiva una prima teleferica che trasportava il minerale aurifero verso lo stabilimento di trasformazione.
Scalini scavati a mano nella roccia lungo il “Sentiero dei minatori”.
Ora, piegando a sinistra, proseguo a mezza costa. Guai se qui il passo del minatore vacillava. La china profondamente impervia e scoscesa, non lo perdonerebbe di sicuro. Ma l’incedere dell’uomo verso le miniere è sempre stato tranquillo e sicuro. Da qui, passando su di un comodo ponte di legno, gli uomini dell’oro, entravano ne “La Trappola”. Già, “La Trappola”. Mai nome fu più appropriato! I minatori che là entravano per dovere, rischiavano di restare appunto colà intrappolati in caso di ingrossamento del torrente o, in inverno, per la caduta di valanghe dai ripidi fianchi della montagna. Ma là c’era l’oro. C’era il pane. C’era il sacrificio. A “La Trappola” io finisco senza però scordare il raccordo di collegamento con l’Alpetto dove alcuni operai vivevano stabilmente.
Lo capisco dal tuo sguardo; tu vuoi ancora qualche nota della mia storia. Ti risparmio le storie dei Celti, dei Romani e del Medio Evo, ma torno al tempo degli inglesi. C’era la Società “The Pestarena United Gold Minning Company Limited” e “La Trappola” era in piena attività. Il minerale estratto era caricato su una teleferica che risaliva fino all’Alpetto. Qui era caricato su un’altra teleferica che giungeva a Pestarena e agli stabilimenti atti alla frantumazione, trasformazione ed estrazione del magma aurifero e quindi dell’oro.
Lungo il mio tracciato sono passati con una macchina, allora infernale ed avveniristica, che ha permesso di ritrarre dirigenti e maestranze che cum ul vistì dla festa, festeggiavano un giorno importante. Era la macchina fotografica che ci permette ora, di vedere quel ricordo.
Mi rammento di quel gruppo di operai adetti alla canalizzazione dell’acqua. Agli ordini di Giovanni Bettoni e Pietro Pala, hanno costruito tutta la condotta forzata. In inverno i grossi compressori della centrale venivano fermati a causa della scarsità d’acqua. Nella stagione invernale, 1942/43, c’era stato un lungo periodo di freddo intenso e l’acqua rimasta nel tubo maggiore, s’era ghiacciata deformandolo sì da fargli fare una vistosa gobba alta più di un metro. La complessa riparazione fu eseguita da Giovanni Bettoni, Bruno Corsi, Angelo Iacchini con il supporto logistico di Giovanni Schranz e Angelo Sandretti. Sempre nel periodo della Guerra (autunno 1944) ho contribuito alla fuga di molte persone. Le truppe tedesche stavano venendo per bruciare Pestarena, fra la gente che fuggiva terrorizzata.
Basta parlare di persone. Da qui passano anche atletici e vigorosi camosci e sui miei fianchi fioriscono rigogliosi rododendri che profumano di bosco e di libertà.
Senza scordare la medicinale genziana che oggi più nessuno raccoglie.
Ora, ti prego, lasciami ai miei silenzi, alla mia tranquillità. Ho ancora una lunga storia da aspettare. Grazie, caro vecchio sentiero. Ti pensavo insensibile ed immutabile nel tempo. Invece sei vivo, anche se invecchiato. Presenti vistose ferite causate da duri inverni e da furiose intemperie, ma resisti nella tua funzione anche se avresti necessità di un po’ di vitamina riparatrice. Senza un intervento di consolidamento, lungo il tuo impervio salire, passerebbero solo Erico, Francesco e Alfredo, temerari cercatori di funghi eredi dei pionieri cercatori d’oro.
Walter Bettoni